ROBERTO VILLA ART

Volti

Hai realizzato tantissime fotografie di volti. Che cosa deve avere un viso per catturare la tua attenzione di fotografo?

Il ritratto è da considerarsi nella funzione propria del nome: quella di estrarre e portare fuori, verso sé od altrove, l’immagine di un soggetto particolarmente interessante, un viso, il viso.

Esattamente quello che avevo fatto nelle circostanze in cui l’immagine, realizzata dalla fotocamera, trasportava la documentazione visiva di una realtà etnica, sociale, o comunque speciale che, altrimenti non avrebbe potuto essere compresa senza la sua visione.

Come sceglievi i tuoi soggetti?

L’interesse primario verso il soggetto, nel caso del reportage, era ed è, la rarità autentica, significante, e non una pseudo rarità costruita ad arte, per apparire. Nell’attività della foto di bellezza per editoria e pubblicità invece la “fotogenia” è data dalla riconduzione a visi le cui caratteristiche si rifacciano a fisionomie dalle caratteristiche infantili, zigomi alti, naso piccolo , occhi grandi. Spesso, nella scelta delle modelle, le redattrici o le account  non erano d’accordo con le mie scelte, non riuscivano a vedere quel volto come sarebbe stato con il trucco e con l’illuminazione giusta. Solo dopo il trucco e l’acconciatura iniziavano a percepire qualcosa ma, con il primo Polaroid e le luci appropriate riuscivano ad apprezzare i risultati positivi di quella scelta.

Quali sono le difficoltà maggiori che secondo la tua esperienza si incontrano nel fotografare un volto?

Le difficoltà del ritratto toccano l’aspettativa che si ha dagli ipotetici risultati. Un volto non può essere cambiato se non piace o è brutto, può essere solo caratterizzato esaltandone i “difetti” oppure illuminandolo in modo tale da far emergere quello che attiene al compito dell’artista, far apparire quello che “non si vede”, il carattere o la posizione sociale. Questo modo di operare è in grado di trasformare “una foto” in un ritratto. Molto complessa è la realizzazione di ritratti del volto per editoria o nella comunicazione ad alti livelli di investimenti economici, come con personaggi famosi per uso pubblicitario, dove occorre recuperare tutti gli stilemi della moda, del trucco, della visione che ne ha il pubblico e così via, dopodiché portare il tutto nello scatto tipicamente attuato in un grande studio. Spesso, come da sempre si vede, con un non completo successo, per usare un tenero eufemismo.

Qual è secondo te il ritratto migliore che hai realizzato e per quale motivo?

Ho realizzato sempre due tipi di ritratto. Il primo è quello rigoroso, per la comunicazione, preciso, curato nel dettaglio in cui tutto era sotto controllo. Il secondo attiene invece ai grandi personaggi che non si possono fotografare in studio, ma nella loro realtà di vita, quella in cui esprimano sé stessi, senza filtri, e dove l’abilità del ritrattista artista fa emergere quello che tutti conosciamo di loro ma in momenti ed in occasioni che non abbiamo visto mai. Quello è il ritratto che, a chi guarda, strappa “Ma è proprio lei!” o “È proprio lui!”.

Questo ho potuto farlo in alcune immagini di Gina Lollobrigida, a casa sua, con Benny Goodman, durante un’intervista mentre esprime il suo concetto di Jazz, con Gerry Mulligan, che, durante un concerto, si è appositamente messo in posa, con Alberto Sordi, serio e pensieroso, con Patti Smith, seduta dinanzi a me mentre raccontava di sé, con Dario Fo, sul palcoscenico con lui per rappresentare la sua mimica, con Bruno Munari, a casa sua mentre spiega i suoi giochi per bambini, con Vittorio Gassman, mentre divertito sparla ad alta voce di chi si era inserito tra lui e me, con Giorgio Albertazzi, in una conversazione sulla sua gioventù, con PierPaolo Pasolini, che mi guarda e sorride con il ciack del film in mano, con Enzo Mari, preoccupato per la non comprensione del design da parte dell’industria, con Niki Lauda e Montezemolo, che posano per me dopo la vittoria del campionato del mondo della Ferrari, con Adriano Celentano, che, sul set del film, mi dice “Cosa fai qui, corri dalle modelle che prendono freddo”, e qui mi fermo per non annoiare.

ROBERTO VILLA ART

“E’ bene tacere di ciò di cui non si sa!”

Ludwig Wittgenstein

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