Le ragioni sono diverse. Una è propria della secolare cultura che “reifica” il corpo della donna sia nella pittura sia nella vita. Altra è la sua minor complessità nel dipingere il corpo: non tutti sono dei Michelangelo capace di rappresentare nel dettaglio potenti masse muscolari. Nella rappresentazione del nudo abbiamo anche due concezioni opposte: la santità ed il meretricio che vedono la presenza del corpo femminile come soggetto e oggetto.
Oggi la richiesta non è più la semplice esposizione del nudo, ma degli organi riproduttivi, come in manuali di ginecologia. Per cui non potrei fare quelle foto di allora che parrebbero per la rivista per la parrocchietta di Alberto Sordi. Potrei farmi assegnare un gruppo di pagine su qualche rivista intelligente dove fare dei ritratti di nudo ad altissimo livello come i grandi pittori del passato, un nudo con senso, non con sesso.
La “volgarità” è quasi sempre propria degli atteggiamenti non solo del corpo, ma, al di la di questi, il problema è la “modella” che deve avere un volto rassicurante, non solo “bello”. Trovare corpi statuari è molto più semplice che trovare l’accoppiata di viso giusto e corpo giusto. Il contesto, la classe della rivista, quello che c’è attorno, i testi e così via, producono il resto del significante.
Negli anni ’70 v’è stata una svolta repressiva, ma dalla apparenza liberatoria, non solo in Italia, ovunque. A Los Angeles, all’Istituto Italiano di Cultura, hanno esplicitamente chiesto che dalla mostra di Pasolini fossero tolti i nudi, cosicché una o due foto erano state tolte dai cavalletti e posate dietro. Un poemetto del ‘700 parlava di “Vizi privati e pubbliche virtù” modo di dire divenuto proverbiale, e noi non eravamo in casa di mormoni ma dove si produce il cinema più osceno del mondo per tutto il mondo.
La fotografia di nudo, su importanti testate internazionali, mi avevano fatto ottenere commesse di ampio spettro, dall’arredamento alla pubblicità. Al contrario le redattrici dei femminili avevano manifestato un duplice sentimento: quello di invidia per il successo giornalistico che loro non avevano e quello di fastidio per le belle donne, famose o modelle, che “venivano a spogliarsi nel mio studio”. In qualche modo si sentivano loro stesse denudate. Molte mi hanno chiesto di essere fotografate nude “Per fare uno scherzo a mio marito”. Ho sempre detto di si, ma non ne ho fatto mai nulla. Aggiungo che non ho mai avuto tanti amici uomini come in quei tempi. Da tutta l’Europa, persino quelli con cui avevo studiato o fatto il militare, mi telefonavano. Il punto non era solo legato alla fascia sociale, noi non avevamo e non abbiamo idea di chi leggeva o legge Playboy.
Una sera l’amministratore della casa dove avevo lo studio, mi telefonò dicendo che alcuni inquilini avrebbero richiesto l’intervento dei vigili urbani poiché “Le auto delle persone che sono da lei bloccano la circolazione”, Risposi che mi sembrava impossibile e lui replicò: “Ma ha visto che macchine ci sono? Ci sono due Rolls Royce ed una Ferrari!”
L’attività che avevo svolto allora, basata sulla fotografia e sulla Cultura e senza mostre fotografiche per la promozione della mia attività, oggi non sarebbe praticabile. Dovrei muovermi sviluppando tutte le attività, allora tenute in disparte, e farne invece un importante elemento di promozione. Considerando il panorama attuale delle presenze professionali, ne sarei certamente avvantaggiato. Ma lasciando il campo dei se, l’unica realtà è quella che mi vede operativo nel portare la Cultura Italiana all’estero e, nella decina di migliaia di fotografi professionali, iscritti alle diverse associazioni, nessuno è in grado di fare altrettanto poiché in archivio non hanno soggetti di rilevanza culturale per la Cultura in sé e per la Cultura Italiana all’estero nello specifico.
“E’ bene tacere di ciò di cui non si sa!”
Ludwig Wittgenstein
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