ROBERTO VILLA ART
Dario Fo e Franca Rame
L'impegno politico e il dileggio del potere
Incontrai Dario Fo e Franca Rame a Genova, dove abitavo, nel 1968 durante incontri politici che in quei tempi Dario conduceva con gli operai. In poco tempo stabilimmo un saldo rapporto di amicizia che si è poi sempre mantenuto anche nella discontinuità delle frequentazioni. Alla fine degli anni Sessanta lo seguii con le recite di Nuova Scena nei teatri dell’Arci, vedendo più volte La signora è da buttare, commedia che non si riferiva alla Juventus ma alla Democrazia Cristiana che, a quei tempi, teneva letteralmente in mano la conduzione del Teatro Italiano. Da sempre Dario si è speso per le classi sociali più fragili, per le quali ha operato con la costruzione di lavori teatrali che irridevano i politici ed i religiosi dei secoli passati che non era impossibile collegare ai contemporanei. Grazie al Nobel assegnato a Dario per la Letteratura tutta la sua opera è stata rilanciata e non è difficile intuire perché debba essere importante farla conoscere meglio all’estero. Esemplificativa la motivazione dell’Accademia di Svezia del 1997 «Il Premio Nobel per la Letteratura viene assegnato quest’anno allo scrittore italiano Dario Fo, perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi»
Mistero Buffo e la rivoluzione del Giullare Nobel
Nelle immagini proposte Dario Fo, autore e regista, attore unico in una scena priva di fondali e con una scenografia assente, si muove nelle vesti di differenti personaggi. La maestria della mimica e della vocalità di Fo consentivano allo spettatore di trovarsi presente ai più diversi personaggi della storia. L’apparente recitazione in lingue diverse, grazie alla reinvenzione del grammelot, consentiva la fruibilità anche agli spettatori non italiani. Dario amava dire “Il mio grammelot è una vera scienza” proprio per lo studio e la verifica empirica, in scena, che da 1969 aveva avuto modo di fare nel suo lavoro più conosciuto “Mistero Buffo” Quello che si percepiva immediatamente in Dario Fo era l’intelligenza brillante, la creatività e la grande cultura indirizzata sia al teatro sia agli studi storici e letterari e, per non farsi mancare nulla, anche alla musica e alla pittura. Conoscenze mai spese per fare dell’accademia o del banale business, ma sempre a favore della classe sociale diseredata,. Dario Fo e Franca Rame sono stati autentici fautori di una rivoluzione del linguaggio teatrale che, anche se molto tardi, è stata riconosciuta in Italia e, molto prima, all’estero.
Backstage: rappresentare il teatro
Ho parlato con Dario Fo molte decine di volte, intere ore, sul suo teatro ed il suo aspetto rivoluzionario non solo nell’ambito del linguaggio. Lui non affrontava il tema solo tecnicamente e colloquialmente, ma si alzava e dava immediatamente dimostrazione di cosa avrebbe fatto, con quella sua capacità mimica unica e le vocalizzazioni necessarie. Di fatto Dario non solo mi anticipava quelle che erano le sue innovazioni recitative ma recitava per un solo spettatore che, nel caso, ero io. Durante un incontro Dario mi chiese come avremmo potuto rappresentare il movimento della sua mimica in fotografia. “Dario – gli risposi – quello si chiama cinema”.Ma considerando quanto fosse rivoluzionario il suo teatro suggerii una via inconsueta per la fotografia. Spiegai che, recitando lui su un fondo nero, vestito di nero con mani e volto bianco, qualora io avessi fatto degli scatti con tempi lunghi la sua mimica, sotto le luci di scena, si sarebbe trasformata in strisciate indicanti il movimento delle mani e del volto. L’idea gli piacque e decidemmo di realizzare quegli “scatti” unici. Dario ed io, sul palco da soli, facevamo queste prove mentre Franca Rame, in platea, ridendo ci diceva “Sembrate due Pirla”.
ROBERTO VILLA ART
“E’ bene tacere di ciò di cui non si sa!”
Ludwig Wittgenstein
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